DIECI ARTISTI IN GRAFICA di Chiara Strozzieri
Di notevole impatto visivo, la sezione grafica di questa III edizione della Biennale Casoli Pinta non vuole soltanto dare assaggio di quei valori estetici che nel corso del tempo hanno guidato gli organizzatori della rassegna, rendendola a livello nazionale una delle manifestazioni più attese, ma soprattutto desidera fare una panoramica sulla storia dell’arte contemporanea di mezzo secolo. Attraverso nomi di chiara fama si rende omaggio ai grandi movimenti artistici, a partire da quel Futurismo che aprì il secolo con una sferzata di energia positiva e le cui proiezioni immaginifiche verso un domani super e tecnologico ritroviamo in Umberto Mastroianni, l’erede di Boccioni per definizione. La lavorazione del cartone in mostra, coi suoi rilievi e i graffi percettibili a livello tattile oltre che visivo, prende vita da una verve creativa tutta improntata verso la scoperta/riscoperta delle grandi forze dell’uomo, prima fra tutte la macchina, intesa come indole vulcanica preesistente nello spirito umano e poi come oggetto espressivo della sua potenza. È la stessa energia-guida di un altro futurista, Vladimiro Tulli, che ha fatto del colore uno strumento di incantamento, vuoi per le tonalità accese che identificano la sua ricerca pittorica, vuoi per la lavorazione fantasiosa di solo apparente struttura casuale. Dall’atteggiamento avanguardistico di quest’ultimo si viene catapultati nell’esperienza essenzialista del Gruppo Uno, con un implicito riferimento all’Informale, il cui superamento significa ricostruzione dopo l’abbattimento di tutti i valori formali attraverso l’esaltazione del solo gesto creativo. Così l’opera di Achille Pace ridà senso al discorso artistico interrotto mediante un simbolo, il filo appoggiato alla tela, riferimento evidente al grande amore che l’artista nutre per l’oggettività, quella che fa dello strumento di significazione il centro del significato. Fu da questa scoperta che Pace sentì forte la volontà di staccarsi dal gruppo e portare avanti una ricerca tutta personale, e allo stesso modo fece un altro aderente, Pasquale Santoro, di cui è esposta una splendida acquaforte. Santoro sfiora appena il minimalismo di Pace per approdare a un’essenzialità fatta soprattutto di superfici e segni. Il suo è un recupero dell’idilliaco rapporto tra spazialità e movimento, tra imponenti strutture (note le numerose sculture in acciaio inossidabile) e atmosfere direzionali. In questo senso si pone anche Luigi Faccioli, la cui accentuata spazialità detta le regole del geometrismo puro, fatto di segni chiusi e raccontati attraverso accostamenti cromatici di forte lirismo. Faccioli apre un discorso per la sezione grafica del III Premio Casoli Pinta, che si snocciola attraverso i lavori di Walter Valentini e Luigi Veronesi. Le loro interpretazioni di volumi geometrici li porta a risultati concomitanti ma dalle diverse definizioni, essendo Valentini l’aniconico dei semicerchi, alla continua ricerca di un segno capace di accomunare la tensione meccanica a quella umana, e aderendo invece Veronesi all’astrattismo del Movimento Arte Concreta (MAC). Anche questo, come il Gruppo Uno, si contrapponeva alla poetica informale, con la particolarità di attribuire all’immaginazione dell’artista la possibilità di costruire non a partire dall’elemento naturale, bensì mediante rielaborazione di forme, linee e colori, come testimoniano i quadrati e gli assi della grafica esposta. Un’attenzione ai volumi così approfondita la ritroviamo nell’opera di Pietro Cascella, il quale piuttosto che lavorare su piani regolari, dà grande plasticità alle sue forme, senza dimenticare quel riferimento erotico che risulta tipico della sua ricerca. Il soggetto rappresentato è tutto un gioco di forze che scaturisce soprattutto dal carattere primitivo dell’arte di Cascella, dai chiari riferimenti alla scultura preistorica e alla magia dell’atto creativo, alla stregua di una nascita. Fa capolino quel recupero delle immagini che verrà insieme all’opera di Remo Brindisi, che è presentato alla Biennale di Casoli Pinta con una grafica di tema bucolico, uno dei più cari all’artista insieme a quello della maternità e delle venezie. La sua è una figurazione post-impressionista che piuttosto che celare, lascia emergere l’immagine da un magma cromatico, da segni morbidi che delicatamente indugiano su volti umani e animali. Brindisi esplicita ciò che è invece implicito nella ricerca artistica di Bruno Ceccobelli. Il suo simbolismo spirituale ha derivazioni indù e colloca l’artista al centro dell’opera con ruolo di veggente. Egli infatti ha il compito di fare luce sugli aspetti caratterizzanti il periodo storico in cui opera e perciò denuncia ai nostri giorni i dettami di un profondo materismo, eppure lo fa con garbo estremo, facendo della simmetria uno strumento e giocando su una rispondenza fra le parti che diventa una vera e propria combinazione degli elementi. Con Ceccobelli arriviamo ad affrontare l’arte dell’ultimo ventennio e questo ci dà un’idea della completezza del quadro storico fatto dalle acqueforti, litografie, serigrafie quest’anno esposte a Casoli Pinta. Perché sebbene la grafica sia considerata spesso arte seconda dopo la pittura, essa risulta invece il più delle volte emblematica di uno stile pittorico, di un percorso artistico, di un movimento. Che dunque questa sia una felice intuizione da ripetere, così come il consolidato e apprezzatissimo contributo di Casoli di Atri all’arte murale.