Ha esposto in numerose città, in Italia e all’estero.
In particolare, si ricordano:
Quadriennale di Roma, Biennale di Milano, mostre antologiche presso la Regione Siciliana, Università Bocconi di Milano, “Maison” dell’UNESCO a Parigi, Galleria in “Rathaus Treptow” di Berlino. 1952, Salone Ducale del Municipio, Aosta – 1960, Galleria Montenapoleone, Milano – 1964, Galleria S. Maria in Piazza, Busto Arsizio – 1967, Galleria 32, Milano – 1968, Galleria La Robinia, Palermo – 1974 e 1975, Università Boccioni, Milano – 1979, Galleria L’apogeo, Napoli – 1980, Galleria L’Indicatore, Roma – 1991, Spazio d’Arte Nuovo Aleph, Milano – 1995, Università Bocconi, Milano – 1996, Galleria Re di Quadri, Rho – 1997, Spazio d’Arte Zaza oy, Helsinki – 1997, Galleria d’Arte L’Airone, Messina – 1997, Galleria Rathaus Treptow, Berlino.
Ha ricevuto diversi premi, fra i quali si ricordano:
1961, Premio Francesco Torri, Milano – 1963, Premio Suzzara, Milano – 1964, Premio Tettamanti e Premio Affori, Milano – 1968, Il Polifemo d’Argento, Zafferana Etnea – 1970, Il Jumbo Jet d’Oro, San Remo – 1990, 1° Premio Mostra Nazionale, Trivero – 1990, 1° Premio Mostra Nazionale, Cologno Monzese.
Dell’opera di Mario Bardi hanno scritto:
D. Cara, L. Budigna, R. Usiglio, F. Grasso, R. De Grada, N. Vasile, D. Villani, M. Monteverdi, E. Fagiani, A. Gatto, E. Pietraforte, N. D’Alessandro, G. Seveso, M. Ganci, G. Bonanno, I. Mattarella, G. Quattriglio, V. Consolo, Leonardo Sciascia.
Di lui hanno scritto presentazioni e note critiche:
Luigi Bonifacio, Leonardo Borgese, Dino Buzzati, Antonio Carbè, Ennio Cavalli, Matteo Collura, Mario De Micheli, Renzo Margonari, Giorgio Mascherpa, Aurelio Natali, Franco Passoni, Franca Presicci, Edoardo Rebulla, Giuseppe Servello, Gino Traversi.
La rosa
Di questa sua “Rosa” dipinta per Casoli, Mario Bardi non può più scrivere, perché ci ha lasciati ormai da qualche anno. Opulenta e sensuale, malinconica ed elegante quella che vediamo qui è una immagine che riassume non solo il carattere di fondo di tutta la sua pittura, il particolarissimo modo che ha avuto di intendere la figurazione, ma anche, se possiamo dire così, l’animo stesso dell’uomo, la conformazione lirica del suo sguardo rivolto al mondo e alle storie della vita. La sua arte è stata infatti, in un certa maniera, un sguardo di realismo rivolto al pensiero delle cose ma anche una sorta di aspra, sensuosa, risentita sensibilità barocca rivolta alla realtà. “Non c’è niente nella sua pittura – aveva scritto Sciascia di lui – che la Sicilia non possa spiegare”. Ed è proprio la Sicilia il perno interiore sul quale ruota ogni cosa dei suoi colori, del suo segno, delle sue liquide metafore di spazi, corpi, luci e tempi. Sicilia e sicilianità come appartenenza e nostalgia ma, anche, come emblema più largo del mestiere di vivere, come segno di intensità emozionale. Il dipingere di Bardi, infatti, ha traversato per oltre sessant’anni le stagioni senza mai abbandonarsi alle oscillazioni del gusto, sempre assorto ai veri suoi motivi interiori. In tutti, quando più melanconici o esistenzialistici quando più turgidamente e sensualmente figurativi, lo splendore sonoro e solare appunto della sua Sicilia. In tutti, ancora, come accade anche in questo dipinto murale, un suo modo, una sua cifra sempre riconoscibile sospesa tra cronaca e memoria, tra racconto e contemplazione, dove spunti sociali e critica civile, memorie intime, amori e passioni ci ripropongono il gusto, anche raffinato, di guardare alla pittura non solo come a una realtà dell’uomo, ma anche, davvero, come a una sua qualità.
Giorgio Seveso